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L’ARTE È MINZIONE,
una necessità fisiologica
filtrata dai reni-inconscio
dopo aver assorbito
il buono e il cattivo cibo della vita

INTERVISTAR-ARTI
Maria Galasso intervista Patrizia “Litolatta” Biaghetti

Le finalità della sua ricerca artistica attingono a quali vissuti?
Attingono a vissuti lontani, quando già da bambina avevo necessità di creare il mio mondo di giochi. Potevo fare più cose con gli stessi oggetti; ricordo che la pistola ad acqua era per me un pennello per disegnare con l'acqua, i miei paesaggi sui muri esterni della casa.
Crescendo ho recuperato questa mia strategia finalizzandola artisticamente. In tale ottica, ho sempre utilizzato oggetti avulsi dalla loro funzione e dal loro contesto.

Le sue opere si prestano a diversificate letture e interpretazioni, i suoi segni pittorici corrispondono alla realtà?
Sicuramente le mie opere vengono lette in differenti maniere, a seconda del vissuto e del contesto di chi viene in contatto con la mia arte. I miei segni pittorici sono il risultato di una codificazione del reale, filtrato attraverso l’inconscio che apre a rinnovate corrispondenze.
Credo che ogni forma artistica attui un processo liberatorio, in quanto può orientare la mente in molteplici direzioni. Attraverso l'arte è possibile effettuare un cambiamento su noi stessi e sui fruitori. Ogni cambiamento consente di leggere e di modificare la visione della vita e rivitalizzarne tutti i suoi aspetti.

Lei ha scritto che, in giovane età, pensava all'arte come a qualcosa che aveva già espresso tutto. Da dove è partita per capire che era possibile dire ancora: “Qualcosa”?
Da studentessa ho vissuto l’arte come qualcosa di già completato senza più possibilità di innovazione, per me era un mero processo cerebrale, in seguito ho capito che l’espressione artistica arrivava dall’interno, prorompente perché libera. Questo “qualcosa” aveva vita propria, io potevo solo tradurrà in: “Immagini”.

Nelle sue opere ci sono frammenti di cornice… quando nasce il titolo dell’opera?
La cornice è un limite da tener presente, ma da valicare. Credo che ogni possibile trasformazione sociale preveda un saltare la cornice. Ogni forma di omologazione chiude ciascuno di noi in una gabbia confortevole e rassicurante in cui viene barattata la tranquillità a discapito della libertà di pensiero. Nessuna dittatura, nessuna imposizione, solo distrazione di basso livello facile a fruirsi, che penetra negli individui ed attenua la loro voglia di conoscenza. Tutti esonerati dalla fatica della curiosità, tutti concordi dall’idea trasmessa. L'arte quale fuori cornice e la sola possibilità di salvezza.
Per rispondere alla seconda parte della domanda il titolo dell’opera nasce quasi sempre contemporaneamente ad essa, a volte invece ne è la concettualizzazione.

© litolatta - ilpigiamadelgatto